La prima problematica legata allo Sblocca-Italia è puramente formale: questo è un decreto che non è un decreto. Per essere definito tale infatti dovrebbe avere delle caratteristiche giuridiche che in realtà non possiede (caso specifico, caso straordinario, situazione di estrema urgenza o pericolo ecc..). Lo Sblocca Italia si configura più come una generica esigenza di urgenza e può essere perciò visto come l’ennesimo intervento emergenziale e derogatorio con cui si bypassa il dibattito parlamentare. Il suo contenuto risulta però in linea con il precedente “piano casa” del governo Berlusconi e, per non farci mancare niente, anche con l”urbanistica contrattata” del buon Bettino Craxi.
Entrando nel merito del decreto una delle cose più preoccupanti è l’introduzione della pratica del “Silenzio-assenso” : nel caso in cui l’ente preposto alla sovraintendenza, una volta interpellato, non esprimesse il proprio parere entro 60 giorni, il suo silenzio viene interpretato come consenso alla realizzazione dell’opera in questione. Tale pratica risulta curiosa se si pensa che la legge 241/90 ha vietato esplicitamente che il silenzio assenso potesse applicarsi agli “atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico”.
Questo principio è stato poi ribadito nelle successive leggi 537/93 e 80/05, volte a tutelare l’art. 9 della Costituzione il quale recita “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Ed ecco qua che lo Sblocca-Italia diventa anche incostituzionale!
Altra novità preoccupante è quella contenuta all’interno del comma 4 dell’arti 1, il quale in sintesi dice che si può prescindere da quanto rappresentato da “un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico territoriale, del patrimonio storico artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità rimettendosi alle valutazioni del Commissario che si pronuncia entro 15 giorni”. In sostanza, la realizzazione di un’opera considerata strategica non può essere bloccata dal parere negativo di un’amministrazione perché in quel caso entrerebbe in gioco questo super Commissario che deciderebbe senza guardare in faccia nessuno. Come se non bastasse c’è anche l’art 25 in cui si dispone che, in caso di dissenso espresso da una Conferenza dei Servizi sulla realizzazione di un’opera, la deliberazione del Consiglio dei Ministri viene considerata Atto di Alta Amministrazione, rendendola inattaccabile.
Di particolare rilievo è anche il capo IV, “misure per la semplificazione burocratica“, che in sostanza amplia e perfeziona il dominio del sistema finanziario sulle Grandi Opere e sulle città. L’art 17 cancella il principio di civiltà che obbliga i costruttori ad eseguire in forma unitaria le opere di urbanizzazione. Esempio: prima Caltagirone se voleva costruire quartieri inutili diceva “Boni boni, che vi ci faccio le scuole, gli ospedali e le fermate della metro”( che alla fine non faceva), mentre ora non deve neanche più dire le bugie, perché per la collettività non deve più fare nulla.
L’art 11 di questo capo prevede invece la defiscalizzazione degli investimenti in project financing, ossia di quei progetti che si finanziano con i futuri introiti che genereranno e che perciò non sono a carico dello Stato. Tutto questo sarebbe bellissimo se non fosse che la costruzione dell’autostrada Brebemi (brescia-bergamo-milano) (project financing) è costata allo Stato 480 milioni di euro, mentre per il quadrilatero Umbria Marche (project financing) se ne spenderanno altri 120. Per il progetto della Orte-Mestre si è addirittura scritto un articolo apposito (art 4, comma 2), con il quale si è resa retroattiva la defiscalizzazione che non doveva invece valere per i progetti dichiarati di pubblico interesse prima dell’entrata in vigore dello Sblocca-Italia. Per farla breve questa strada al costruttore costa 10 miliardi, e due miliardi (il 20%), glieli “alza” lo Stato!
Sempre riguardante l’ambito finanziario vi è una liberalizzazione dei soggetti che possono emettere obbligazioni. Nel caso degli imprenditori delle grandi opere si parla di project bond. Per dirla in breve se io che sto costruendo una grande opera per qualche motivo mi trovo in difficoltà finanziaria, posso emettere delle obbligazioni con le quali mi rifinanzio. La cosa bella è questa: queste obbligazioni verranno comprate in larga parte dalla Cassa Depositi e Prestiti, ossia da un ente statale ( e qua salta il discorso del senza oneri per lo stato). Ricordiamo inoltre che in Italia il “falso in bilancio” non è considerato reato, e che perciò le ricadute di questa novità potrebbero essere potenzialmente disastrose.
Altri articoli rilevanti sono:
art 5: vengono prorogate le scadenze delle concessioni autostradali in modo che queste non vengano mai messe in una gara pubblica. Del tipo “evviva il libero mercato! Però qua ci sto solo io”.
art 17: scompare la DIA che viene sostituita da un’autocertificazione chiamata “dichiarazione certificata”
art 25: rimuove ogni autorizzazione per interventi minori privi di rilevanza paesaggistica
art 26: ogni comune può cambiare destinazione d’uso agli immobili non utilizzati dal demanio: L’agenzia del demanio può vendere, dare in concessione o cedere il diritto di superficie dell’immobile. Per i comuni sono previsti dei compensi da tali attività. Di trovare un utilizzo socialmente utile dell’immobile non se ne parla nemmeno, deve solo generare profitti.
Art 35: inceneritori. Non vi è più un vincolo di bacino, gli inceneritori sottoutilizzati bruceranno i rifiuti provenienti da altri territori. Fare la differenziata e riciclare nel proprio territorio diverrà inutile perché gli inceneritori verranno alimentati con spazzatura proveniente da altri luoghi.
art 36, 37 38 del capo IX: ai progetti di prospezione, ricerca, estrazione di idrocarburi, alle infrastrutture dedicate al trasporto, alla rigassificazione e allo stoccaggio sotterraneo del gas è stato dato il carattere di “opere di interesse strategico, di pubblica utilità, urgenti e indifferibili”. L’obiettivo dichiarato è quello di raddoppiare le estrazioni nazionali di idrocarburi.
In sintesi sembra proprio che il decreto lo abbiano scritto i soliti noti, mentre Renzi ci abbia solo messo la firma.