Una cronistoria del massacro sociale in Grecia

CAPI

Proprio nell’aprile del 2010 il declassamento dei titoli del debito pubblico greco a junk bonds, ossia a titoli spazzatura, creò un forte allarme all’interno dei mercati finanziari. Ciò spinse i paesi dell’Eurozona ed il Fondo Monetario Internazionale ad approvare il primo bailout plan, ossia piano di salvataggio, consistente in un prestito di 110 miliardi di euro in 3 anni subordinato alla realizzazione di alcune politiche di austerità. Queste, contenute all’interno del memorandum del 2 maggio 2010 nel quale venivano anche stabilite le modalità d’impiego dei soldi concessi, sono consistite in:

  • tagli alla spesa pubblica per 30 miliardi entro il 2012;
  • riduzione del 20%  dei salari del settore pubblico (circa il 40% del PIL greco);
  • rientro deficit pubblico al 3%;
  • aumento pressione fiscale (IVA dal 19 al 23 %) con l’obiettivo, congiuntamente ai tagli alla spesa pubblica, di raccogliere fra i 20 e i 25 miliardi di euro;
  • piano di privatizzazione per circa 50 miliardi di euro.

Nel periodo indicato il tasso di disoccupazione arrivava a sfiorare il 18%, registrando un aumento percentuale di 8 punti in appena dodici mesi, mentre il PIL registrava tassi di crescita negativi ( -3,4% nel terzo trimestre 2010).

Nell’ottobre 2011 si rese però necessario un ulteriore prestito di salvataggio. Ratificato nel febbraio seguente permise lo stanziamento da parte dai paesi dell’Eurozona e del Fondo Monetario Internazionale di altri 130 miliardi di euro per la Grecia, anch’essi condizionati all’attuazione di un altro duro pacchetto di austerità consistente in:

  • tagli del 22% sui salari minimi;
  • tagli del 15% sulle pensioni;
  • piano di licenziamenti di 15,000 lavoratori pubblici (la disoccupazione sale al 21%, un nuovo record negativo).

Nel novembre 2012 il Parlamento greco approva un piano d’austerità di 13,5 miliardi volto a garantire il successivo piano di prestiti di salvataggio dell’Unione Europea e del Fondo Monetario Internazionale. Tale piano ha avuto un valore di 13,5 miliardi di euro ed è consistito in:

  • taglio del 25% alle pensioni;
  • licenziamento di 2000 lavoratori del settore pubblico;
  • abolizione della previdenza sociale fornita dallo Stato sostituita da indennità collegate al reddito.

A fine 2012 il PIL greco registra una contrazione che lo porta ad un ammontare complessivo di circa 289 miliardi di euro, più di 50 miliardi in meno rispetto al 2009, mentre il tasso di disoccupazione schizza al 26,3 %.

Il 17 luglio 2013 Il parlamento greco approva nuove misure di austerità consistenti in:

  • tagli salariali per i lavoratori del servizio civile;
  • piano di licenziamenti, che prevede la messa in mobilità di 12,500 lavoratori statali, soprattutto insegnanti e dipendenti comunali;
  • licenziamento di 13,000 persone entro la fine dell’anno.

Il tasso di disoccupazione registra il suo valore più alto: il 28% dei greci è  senza lavoro. Negativi risultano essere anche i dati sulla bilancia commerciale: sebbene le esportazioni stiano tornando a crescere (2285 milioni 2014), la Grecia rimane un paese prettamente importatore (4343,6 milioni 2014), segnando così un deficit di bilancia pari a 2058 milioni di euro.

Come da molti sostenuto questi interventi hanno contribuito, contestualmente alla crisi economica internazionale, alla contrazione e alla diminuzione del Pil greco.

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