Si all’accoglienza, no al business!

A seguito dei gravi episodi accaduti in Europa e data l’ondata xenofoba promossa dalla destra razzista di Salvini e di altri suoi pari, sentiamo il bisogno di un momento di riflessione su quanto sta accadendo in questo periodo.

L’immagine che i telegiornali hanno passato per settimane intere mostra un’enorme massa di richiedenti asilo, provenienti in gran parte dalle regioni del sud del mondo, che tenta di attraversare in modo caotico delle linee immaginarie da noi chiamate “confini”. L’Europa infatti da sempre ha fatto sì che merci e capitali potessero girare liberamente tra gli stati senza limitazioni di alcun tipo. Quando però a chiedere di circolare sono migliaia di persone, che fuggono da contesti di guerra, l’intero sistema sembra andare in crisi. Ciò dimostra come l’Europa non sia in grado di affrontare questo “stato di emergenza” (che in realtà di emergenziale non ha nulla, visto che i flussi migratori non sono un fenomeno nato qualche mese fa) e l’Italia per prima non abbia mai saputo dare risposte efficaci, se non repressive e punitive. È doveroso ricordare come sia stata soprattutto la legge Bossi-Fini a rendere irregolari migliaia di migranti (in assenza di un regolare permesso di soggiorno), mentre oggi è la trappola di una burocrazia sempre più lontana dai bisogni reali ad impedire ad intere famiglie di attraversare altri paesi. Il trattato di Dublino infatti toglie la possibilità di presentare una domanda di asilo in più di uno stato membro e prevede che essa sia esaminata da una commissione dello stato in cui il richiedente ha fatto il primo ingresso nell’Unione.

In Italia uno dei problemi da affrontare riguarda la privatizzazione dei servizi sociali e quindi anche delle strutture di accoglienza. Le cooperative private infatti, puntando sul risparmio ai danni dei lavoratori sempre piu’ precari, hanno sperperato fondi pubblici per arricchire un circuito clientelare. Lo scandalo di Buzzi, che ha fatto profitto sull’accoglienza ai migranti nasconde in realtà il solito meccanismo: quello che conta è fare profitto, che sia sulle spalle del precario o dell’immigrato poco importa.

La verità è che mancano politiche inclusive e lungimiranti contro l’esclusione sociale. Creando un sentimento diffuso di insicurezza su più livelli non si fa altro che alimentare una guerra tra poveri. Il sentimento di risentimento che cerca di diffondere la destra xenofoba si fonda proprio sulla distinzione tra cittadini di serie A cittadini di serie B.

Come abbiamo più volte ribadito, è evidente che una parte della popolazione provi un forte interesse a mantenerle separate: sia perché economicamente è conveniente possedere una forza lavoro esclusa da una serie di diritti, sia perché mediaticamente c’è un capro espiatorio a cui attingere in caso di tensione. Quello che vogliamo sottolineare è che la linea che divide la popolazione non è il colore della pelle: tanti oggi sono i precari, i lavoratori che hanno perso un proprio posto di lavoro e che si ritrovano esclusi da qualsiasi diritto.

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