Lamin è un ragazzo gambiano di 23 anni, arrivato in Italia 3 anni fa. Il suo permesso per motivi umanitari è in scadenza a fine febbraio per cui la sua unica speranza in base alla nuova normativa è quella di convertire l’umanitaria in un permesso di lavoro. Serve un regolare contratto e poi via in Questura ad avviare la pratica. Questo Lamin e le migliaia di persone che si trovano nella sua situazione lo sanno bene, ma lo sanno bene anche i tanti imprenditori che da anni si approfittano della ricattabilità dei migranti per sfruttare la loro forza lavoro. Ed è grazie al Decreto Salvini che Lamin, che al momento della conversione in legge era alla ricerca di lavoro, ha accettato un contratto capestro da parte di un ristoratore: sei giorni a settimana, 12 ore al giorno, per la bellezza di 600 euro al mese. Prendere o lasciare, e non solo il lavoro, ma anche l’Italia, visto che se non avesse accettato avrebbe rischiato l’espulsione.
Ecco se si vuole una fotografia nitida degli effetti del Decreto Salvini la storia di Lamin è perfetta e racconta ancora una volta di come il razzismo normativo che da anni si abbatte contro gli stranieri serva innanzitutto a creare lavoratori altamente sfruttabili e a dare in pasto all’opinione pubblica un capro espiatorio che si vorrebbe docile e in silenzio, senza il diritto ad avere diritti.
Non che questo razzismo istituzionale rappresenti una novità, anzi da anni ormai gli stranieri subiscono abusi, prassi amministrative illegittime e discriminatorie, discrezionalità totale da parte della pubblica amministrazione (che sia l’ufficio immigrazione della Polizia o l’anagrafe del Comune). Il decreto chiude il cerchio di un percorso che si può comprendere adeguatamente se si mettono insieme tutte gli sviluppi normativi degli ultimi decenni: dalla Bossi Fini, fino al Decreto Sicurezza Maroni, per passare al Decreto Minniti. Le norme sulle migrazioni hanno rappresentato per tutti i governi il terreno su cui sperimentare una legislazione d’eccezione e Salvini non ha fatto altro che seguire il terreno tracciato da altri. Quello che andrebbe ribadito è che l’eccezione serve ad approfondire gerarchie e sottomissione e che quindi il vero fine rimane sempre lo stesso: la ricattabilità e lo sfruttamento perfettamente compatibili con l’ordine liberale in cui ci troviamo immersi.
L’unico modo per uscire dalla spirale di odio è romperla con la mobilitazione reale che metta in difficoltà questo come tutti i governi di destra. Ricordate la mobilitazione contro il Muslim Ban poco dopo l’insediamento di Trump? I ricorsi di avvocati e ong hanno avuto senso solo perché all’interno di una mobilitazione di massa che portò addirittura all’occupazione degli aeroporti statunitensi.
In Italia, nessuno lo avrebbe mai immaginato, ma dall’insediamento di questo governo le manifestazioni antirazziste si sono susseguite con continuità ed incisività: dai cortei contro la chiusura dei porti di giugno, passando per il presidio permanente di Catania contro il rapimento dei richiedenti asilo eritrei da parte di Salvini, le giornate di Rocca di Papa proprio qui ai Castelli Romani contro la strumentalizzazione da parte dei fascisti dell’arrivo di alcuni richiedenti asilo, la solidarietà al sindaco di Riace, la manifestazione di dicembre a Roma…
Forse tutte queste manifestazioni non hanno mai effettivamente messo in difficoltà il governo, ma raccontano comunque di un Paese non addomesticato e che non si vuole arrendere alla barbarie dei giallo-verdi.
Per questo oggi bisogna incalzare le amministrazioni su questo tema, prendere la parola per evitare l’antirazzismo di maniera e sviluppare un antirazzismo radicale che ribadisca che la posta in gioco non è solo quella dei diritti degli stranieri, ma di tutti noi.
Per questo la presa di posizione di alcuni sindaci apre uno spiraglio che va colto e trasformato necessariamente in altro, facendo da sponda alle preoccupazioni delle amministrazioni senza però cadere in vane speranze istituzionali (l’ANCI e la Consulta non sono il nostro orizzonte) e anzi sollevando le contraddizioni proprio nei confronti di quelle amministrazioni a guida PD o 5 Stelle che ora si dicono preoccupate, ma nulla hanno fatto o fanno contro i governi cui partecipano.
Per questo anche alle amministrazioni dei Castelli Romani chiediamo che prendano parola e si schierino apertamente contro il Decreto Salvini votando mozioni nei consigli comunali che mantengano aperti gli uffici anagrafe, per chi richiede la residenza qui da noi. Per questo Venerdì 18 Gennaio alle ore 18, presso enoteca comunale di Genzano, parteciperemo all’assemblea delle realtà antifasciste e antirazziste dei Castelli Romani, per discutere come boicottare questa legge disumana.