Dopo un anno, nessuna bonifica al sito della ECO-X di Pomezia

Il 5 maggio di un anno fa un incendio scoppiava nel sito di stoccaggio della Eco X di Pomezia, distruggendolo e provocando una densa nube di fumo e pericolose sostanze inquinanti. Difficilmente chi era ai Castelli quel giorno può dimenticare le immagini della nube nera, l’odore acre di plastica bruciata che si sentiva anche a kilometri di distanza, la paura e la preoccupazione provate. È passato un anno e non conosciamo ancora con chiarezza le conseguenze dell’incidente per il territorio circostante, per le attività di agricoltura e allevamento, per la nostra salute; il sito non è stato mai bonificato (con un peggioramento dunque dei livelli di inquinamento già alti); delle responsabilità politiche dell’evento non ne parla nessuno. Già, perché responsabilità politiche ed istituzionali non mancano: mentre i cittadini delle zone limitrofe da mesi si mobilitavano allarmati e depositavano esposti ai Carabinieri, la Regione non controllava le certificazioni dell’Eco X, che evidentemente non era un sito adatto allo stoccaggio di quei materiali (tetto in amianto, assenza di impianto anti-incendio, giusto per dirne due).


Non era il primo incendio tossico che vedevamo nel nostro territorio. Ricordiamo quello del giugno 2016, che scoppiò nella discarica di Roncigliano. Fiamme, fumo nero denso di inquinanti si alzarono dal rogo. Il massimo che abbiamo sentito dalle istituzioni in risposta è stato “tenete chiuse le finestre”. Non solo Roncigliano non è mai stata bonificata, ma si parla ancora di un suo allargamento.
Oltre ai casi passati i progetti futuri della Regione non ci lasciano sperare in un cambiamento di rotta, anzi! Pensiamo al minacciato revamping dell’inceneritore di Colleferro, contro il quale la cittadinanza è in lotta da mesi con un presidio permanente, in un territorio come quello della valle del Sacco devastato da un’industrializzazione irresponsabile. Anche qui di bonifiche non se ne parla, ma solo di interventi peggiorativi, che dovrebbero danneggiare la collettività ma arricchire i pochi noti che dei rifiuti hanno fatto un business.
Pensiamo al progetto di due impianti a bio gas che le istituzioni vorrebbero collocare ad Ariccia, in zone centrali, abitate e molto turistiche, fra l’altro.
Pensiamo al progetto di una mega discarica a Casa Lazzara, che dovrebbe ospitare circa 1350 tonnellate di rifiuti fra Albano, Ariccia, Ardea e Pomezia, in un territorio verde di circa 25 ettari, in parte sottoposto a vincolo paesaggistico, in parte dedicato ad agricoltura biologica e ricco di preziose falde acquifere. L’ospedale dei Castelli romani sorge poco distante dal sito scelto. Ovviamente dietro questo progetto c’è una società, la Eco sicura (!) vicina a Manlio Cerroni. Sì, il dominus dei rifiuti, re di Malagrotta, ancora sotto processo per associazione a delinquere finalizzata al traffico di rifiuti illeciti, in odore anche di infiltrazione mafiosa. Un uomo una garanzia, insomma! Del resto Cerroni e le sue società hanno potuto prosperare solo grazie ad uomini fidati nelle istituzioni e a precise scelte politiche, che hanno fatto della gestione dei rifiuti nel Lazio una continua emergenza, con il fine di poter autorizzare una situazione di monopolio, in cui Cerroni ha potuto fare il bello e il cattivo tempo.
I motivi di speranza di certo non vengono dalle istituzioni, dunque, ma dalla mobilitazione dal basso, che in questi anni non si è fermata. Dalla lotta, vittoriosa, contro l’inceneritore di Albano, al presidio a Colleferro, al corteo di ieri per la bonifica dell’Eco X, ai primi incontri contro il progetto di Casa Lazzara. Non è un caso che dove c’è speculazione, malaffare, devastazione del territorio, sorgano resistenze, mobilitazioni, lotte. Noi abbiamo altre idee per il territorio in cui viviamo, che rimettono al centro i suoi cittadini, con le loro esigenze, a partire dal diritto alla salute e l’ambiente, la sua ricchezza agricola e paesaggistica che può generare un turismo sostenibile. È l’unico modo di pensare veramente al futuro!

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