Un giorno senza di noi. L’8 marzo incrociamo le braccia.

Sono circa 40 paesi ad aver aderito allo sciopero internazionale delle donne. Un appello lanciato dalle donne Argentine che ha raccolto adesioni oltre ogni aspettativa.

Perche scioperiamo?

Perche se le nostre vite non valgono, allora non produciamo. Questo lo slogan assunto dai  movimenti che hanno come protagoniste soprattutto le donne, nei 40 paesi che hanno aderito allo sciopero internazionale.

Appello a tutti i sindacati confederali, di base e autonomi: l’8 Marzo fermiamo il mondo per dire no alla violenza maschile sulle donne

Qui di seguito l’elenco che giorno dopo giorno continua ad aumentare

https://www.google.com/maps/d/viewer?mid=1u5RT7ig40QzUx0YKXckaaFvYCTA&ll=43.60776545791855%2C24.15094998740244&z=5

Dopo le incredibili mobilitazioni che lo scorso 26 novembre hanno visto milioni di donne riempire le strade dal Sud America, all’Europa, all’Asia, il prossimo 8 marzo torneremo per le strade e incroceremo di nuovo le braccia contro uno stato e una cultura che ci vede sottopagate, prive di diritti, relegate ai ruoli di cura e che tratta i nostri corpi come oggetti usa e getta.

L’8 marzo saremo in piazza per dire NO alla violenza sulle donne, per dire basta alla giustificazione della violenza come delitto passionale o raptus, il femminicidio è omicidio.

L’8 marzo saremo in piazza per pretendere il diritto alla cura e all’assistenza alle donne, per pretendere la riapertura e l’implementazione dei centri antiviolenza e dei consultori.

L’8 marzo saremo in piazza anche per ribadire il nostro diritto a decidere sui nostri corpi, il nostro diritto a una 194 applicata al cento per cento e dire basta agli obiettori.

Il diritto alla salute è un nostro diritto.

L’8 marzo saremo in piazza per contrastare una cultura patriarcale che insegna nelle scuole una storia vissuta e vista solo dal punto di vista degli uomini, vogliamo una scuola priva di stereotipi, paritaria e che stimoli il dibattito e il confronto tra i generi, non prediligendone uno rispetto all’altro.

8 Punti per LottoMarzo

 Nel nostro paese una mobilitazione del genere non si vedeva da anni, alimentata in questi mesi con la costruzione di appuntamenti locali e nazionali di  confronto e la messa in condivisione di pratiche e conoscenze.

Il 4 e 5 febbraio a Bologna, migliaia di donne si sono incontrare per proseguire  la stesura di un piano nazionale antiviolenza e l’organizzazione della giornata dell-8 marzo che ribadisce la volontà di costruire un percorso che rifiuta la vittimizzazione e sta avanzando proposte concrete per permettere a chi subisce violenza di sottrarsi ad essa.

Dobbiamo riconoscere che il problema c’è, se non direttamente nelle nostre case, nella società, nelle istituzioni, nel mondo del lavoro.

Secondo quanto afferma l’organizzazione mondiale della sanità, la violenza di genere è una questione strutturale globale.

I dati forniti da questa organizzazione sono il risultato di 141 diverse ricerche, effettuate in 81 paesi. Il 35% delle donne ha subito, almeno una volta nella vita una qualche forma di violenza.

Sempre secondo l’OMS l’80% di queste sono perpetrate da mariti o fidanzati e il 38% delle donne uccise, muore per mano del partner. Il 42% delle donne che ha subito una violenza fisica o sessuale riporta danni fisici permanenti.

Queste cifre non tengono conto di quella che viene definita zona grigia. Ovvero tutte le violenze che avvengono all’interno delle mura domestiche che non vengono denunciate.

Queste cifre sono troppo alte per ritenere che questo non sia un problema di tutta la collettività.

I piani di austerità avanzati dai governi di tutto il mondo colpiscono soprattutto le donne, le giovani, le migranti. I processi di ristrutturazione interessano anche il lavoro di riproduzione e passano per un attacco diretto al diritto all’aborto.

L’attacco è in ambito lavorativo, e in tutti gli aspetti delle nostre proprie vite. Precarietà e tagli al welfare attaccano le possibilità di reale emancipazione. L’autonomia economica è fondamentale per riuscire a sottrarsi alla violenza.

Le politiche di aggiustamento dei conti pubblici, il taglio allo stato sociale e al welfare ricadono in primis sulle donne dal momento che il lavoro di cura e assistenza, che dovrebbe essere a carico della fiscalità generale e invece assunto gratuitamente dalle donne oppure sottopagato, e affidato alle lavoratrici migranti e più in generale considerandolo gratuito nell’ambito della economia familiare Un bel risparmio, non c’è che dire.

Inoltre hanno reso i servizi spesso inaccessibili e ne hanno peggiorato la qualità con il conseguente peggioramento di equilibrio tra tempo di vita professionale e personale.

La violenza sulle donne non si esplica solo all’interno delle mura domestiche ma si declina in ogni ambito, lavoro compreso.

Le donne sono quelle maggiormente colpite dalla flessibilità lavorativa e le prime colpite dalle misure di austerity. Nel settore dei servizi dove circa 2/3 di chi vi lavora sono donne,  tagli e privatizzazioni  hanno causato perdite dei posti di lavoro e ridefinizione del reddito verso il basso

Con la liberalizzazione degli orari di apertura nel settore del commercio contenuta nella riforma “Salva Italia” si [ sdoganato il lavoro notturno, domenicale e festivo  rendendo difficilissima la vita dei lavoratori e in particolare delle lavoratrici che sono la maggior parte in questo settore.

Per buona pace della tanto sbandierata politica di conciliazione vita/lavoro.

Nei luoghi di lavoro, nonostante una legislazione specifica, la situazione non va meglio, anzi le discriminazioni sono continue e si articolano su più fronti.

A causa della disparità di stipendi, infatti, il divario retributivo delle donne di tutta Europa è di due mesi rispetto ai loro colleghi uomini. Che significa?

Che in tutta Europa, le donne lavorano in media gratuitamente due mesi l’anno rispetto ai colleghi maschi.

Se a questa disparità retributiva aggiungiamo le mancate assunzioni, la pratica delle dimissioni in bianco che le donne sono costrette a firmare, ne esce un quadro a tinte fosche.

Il contrasto a impoverimento e violenza vanno di pari passo e dunque la strada da percorrere [ quella che agisce  in una ottica di trasformazione e di miglioramento di tutta la società

Vogliamo agire sui processi di trasformazione culturale, perchè la violenza degli uomini sulle donne, così come l’omofobia, la transfobia sono strutturali nella nostra società.

Vogliamo una educazione alle differenze che abbracci tutto il percorso di crescita, dall’asilo nido all’università.

Vogliamo la piena applicazione della Convenzione di Istanbul contro ogni forma di violenza di genere, quella psicologica, fisica, quella consumata sul web, le molestie sessuali sui luoghi di lavoro.

Vogliamo che l’aborto sia garantito e gratuito per tutte

Un giorno senza di noi,perchè se le nostre vite non valgono, noi scioperiamo!

 #NonUnaDiMeno #LottoMarzo

Chiamata allo Sciopero internazionale delle donne – 8 marzo 2017 di Ni Una Menos

Questa voce è stata pubblicata in General. Contrassegna il permalink.