Fermare Malagrotta 2

Da qualche tempo il nostro territorio è nuovamente sotto assedio per il progetto di discarica regionale da 1 350 mila tonnellate e relativa impiantistica, che dovrebbe soddisfare lo smaltimento dei rifiuti della Regione Lazio ed è chiamato, già, Malagrotta 2.
Sabato 7 alle ore 10 i comitati e le associazioni che si stanno opponendo all’ennesimo attacco al nostro territorio hanno convocato un’assemblea pubblica per fare il punto della situazione e costruire una mobilitazione che blocchi definitivamente il progetto della Eco sicura srl, di cui è proprietario un uomo legato a Cerroni. Ebbene sì, ancora lui.

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Da Macerata all’Italia per non arrendersi al fascismo e al razzismo

 

All’indomani della manifestazione di Macerata, proviamo a condividere qualche riflessione.

In migliaia abbiamo risposto all’appello, voluto con forza e coraggio, dalle realtà sociali maceratesi. In migliaia, uno di fianco all’altra, abbiamo camminato per le strade della cittadina marchigiana, a Milano, Torino, Piacenza, Brescia, Cosenza, Mantova, Palermo in risposta a chi alimenta il terrorismo nero.

Quella di ieri è una fotografia della società che non ha nessuna intenzione di arrendersi alla violenza razzista con cui quotidianamente deve fare i conti ma che reagisce con coraggio, rabbia, determinazione alla guerra scatenata dell’alto a chi sta più in difficoltà, alla guerra scatenata da quel 20% di popolazione che detiene il 66% di ricchezza. Perché il punto è proprio questo, il colore della pelle, la religione, la diversità sono sempre stati i capri espiatori per far sì che chi detiene ricchezze e potere possa continuare ad averli e ad accrescerli. La violenza contro le donne la fanno gli uomini e non ha passaporto. Avviene soprattutto nei luoghi familiare alle donne.

Nessun uomo o donna proveniente da altra area geografica, ha mai contribuito ad approvare leggi volte a precarizzare le nostre vite, a smantellare i servizi essenziali. Nessuna di queste persone ha mai approvato leggi che innalzassero l’età pensionabile o che contribuissero a smantellare l’istruzione pubblica.

Nessuna persona senza passaporto ha mai ristretto spazi di libertà e democrazia, semmai hanno contribuito ad aprirli, violando a caro prezzo frontiere e confini. Ma sulla loro pelle, si stanno avallando politiche che restringono gli spazi di libertà e di democrazia per tutte e tutti.

Ieri il segnale è stato trasmesso forte e chiaro, nessuna campagna elettorale, nessuna strumentalizzazione sul corpo delle donne e sulla pelle di chi scappa da guerre, fame, cambiamenti climatici e dal neocolonialismo che ha costretto nazioni intere alla miseria e alla povertà perenni. O da chi, come molti di noi, aspira semplicemente a una condizione di vita diversa e decide di spostarsi dal proprio paese. Nessuno più deve morire nel tentativo di raggiungere un futuro migliore.

A nulla è servito il teatrino dei mass media per alimentare la paura. A nulla è servito il becero tentativo della dirigenza di Arci e Anpi di annullare una manifestazione che non avevano nemmeno promosso, prestandosi al brutto gioco di chi ha tutto l’interesse ad alimentare la teoria delle opposte fazioni. Un gioco condotto abilmente dal Partito Democratico e dal Ministro Minniti che è stato però sconfitto dalla determinazione delle migliaia di persone scese in Piazza a Macerata.

Un teatrino che dimostra che, dopo aver governato con la destra, dopo aver contribuito a smantellare i diritti dei lavoratori, dopo aver realizzato politiche migratorie criminali, il Partito Democratico abbandona definitivamente anche l’antifascismo. Meglio così, chi aveva ancora dei dubbi oggi non li può più avere: il PD non è un partito di sinistra.

Bene hanno risposto le tante sezioni locali che hanno disobbedito ai loro vertici, partecipando a tutte le iniziative promosse nella giornata di ieri, consapevoli che in gioco c’è il futuro di tutte e tutti noi e lo scontro tra chi vuole erigere una società sulla paura, l’odio, l’intolleranza e chi una società fondata sulla solidarietà, la giustizia sociale, la libertà.

Ieri siamo tornati e tornate a respirare aria pulita, è questa la sensazione avvertita da tanti e tante. Siamo tornate e tornati a casa con il sorriso e, nonostante l’aria gelida che ci ha accolto a Macerata, con quel calore che solo il noi collettivo sa dare.

Torniamo nei nostri territori, alle nostre lotte e battaglie quotidiane, un po’ più forti, carichi, con la consapevolezza che in questo paese, al di là di quello che ci raccontano giornali e televisioni, c’è chi guarda con dignità al futuro e alla bellezza che questo ci offre.

Il lavoro da fare è ancora molto, sappiamo che la strada per ricostruire quei rapporti di forza per rovesciare chi ci fa la guerra è ancora lunga. Ieri abbiamo segnato un punto importante, non abbiamo nessuna intenzione di fare passi indietro di fronte alla barbarie

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Macerata insegna: mai abbassare la guardia contro il fascismo

Clicca per scaricare il volantino.

Oggi ricordiamo le vittime del bombardamento anglo-americano, che il 10 Febbraio 1944 colpì il Collegio di Propaganda Fide. Le vittime erano persone che cercavano rifugio dalle bombe, dalla guerra, ma morirono vittime di quella guerra che il fascismo aveva voluto e cercato. Quel fascismo che si era alleato con il regime nazista, quel fascismo che aveva ucciso la democrazia e la libertà, mettendo fuori legge gli altri partiti, controllando i mezzi di informazione, facendo un uso sistematico della violenza, costringendo al confino o uccidendo chi la pensava diversamente (noi non dimentichiamo Giacomo Matteotti, i fratelli Rosselli…). Un regime che per oltre 20 anni aveva calpestato la dignità umana, ma che aveva trovato un’opposizione nell’antifascismo prima, nella Resistenza poi.

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PICCOLA MAPPA DELLE RESISTENZE LOCALI

Il nostro territorio, da Nord a Sud, da decenni è ormai oggetto di politiche di sfruttamento e spoliazione.

Grandi e piccole opere, progettate da una classe imprenditoriale animata solo dal desiderio di profitto e da una classe politica miope e irresponsabile. Opere spesso finanziate attraverso fondi pubblici, della collettività dunque. Opere che attirano gli appetiti delle mafie, e che servono a foraggiarle.

Parliamo degli impianti che si occupano dello stoccaggio e del trattamento dei rifiuti (discariche, inceneritori, impianti a biogas); di opere di viabilità faraoniche e inutili; di gasdotti o impianti di estrazione del petrolio; di speculazioni edilizie e cementificazioni selvagge.

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CONTRO LA VIOLENZA MASCHILE SULLE DONNE: ABBIAMO UN PIANO!

Siamo la marea che ha attraversato le strade di Roma lo scorso 26 novembre.
Siamo le stesse che l’8 marzo hanno costruito il primo sciopero globale insieme alle donne di tutto il mondo.
Dopo un anno di mobilitazioni, campagne, assemblee nazionali che ci hanno permesso di mettere insieme esperienze e saperi, è finalmente pronto il Piano femminista contro la violenza maschile e di genere, uno strumento di lotta e di e di rivendicazione, un documento di proposta e di azione.

Per questo, il 25 novembre inonderemo di nuovo le strade di Roma, per lanciare un messaggio chiaro: NON CI FERMEREMO FINCHE’ NON SAREMO LIBERE DALLA VIOLENZA MASCHILE E DI GENERE IN TUTTE LE SUE FORME.

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Un nuovo regalo per la nostra salute

Da poco meno di un mese, il consiglio comunale di Ariccia ha approvato l’ennesimo impianto di trattamento speciale di rifiuti.

Il nuovo regalo dovrebbe sorgere sulla via nettunense, a pochi km dal centro abitato e dalla trentennale discarica di Roncigliano.

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LA GUERRA AI POVERI

La guerra contro i poveri e’ cominciata da tempo. Lo sgombero di piazza Indipendenza ha voluto ribadirlo ed esplicitarlo anche per chi era più distratto. La crisi economica e il continuo richiamo alla sicurezza contro il terrorismo, sta ridisegnando le nostre città’ in peggio. Libertà di circolazione limitata, controlli preventivi, videosorveglianza, accesso al centro delle città solo per chi ha un certo stile di vita.

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FUORI IL RAZZISMO DAI NOSTRI TERRITORI

I Castelli Romani sono un territorio vasto e ospitano una popolazione che seppur eterogenea si identifica come# una comunità legata a queste terre. I fatti di cronaca che accadono, a prescindere dal luogo, riguardano tutti.
Per questo vogliamo esprimere la nostra solidarietà a chi, oggi, vive nel cas di Rocca di papa dopo la bomba carta lanciata qualche giorno fa.

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TUTTI ASSOLTI

Una buona notizia, a cinque anni di distanza si chiude uno dei processi che hanno riguardato la lotta contro l’inceneritore di Albano. Era il 14 aprile 2012, quando migliaia di persone attraversarono le strade di Albano per impedire l’avvio del cantiere del termovalorizzatore e l’ampliamento della discarica di Roncigliano.
A cinque anni dai fatti tutti gli imputati di quel processo, il 28 luglio 2017, sono stati prosciolti per non aver commesso i fatti che la procura gli addebitava.
Una battaglia durata 8 anni e vinta grazie all’impegno e alla volontà di costruire un fronte, un ragionamento collettivo contro l’ennesima speculazione, un luogo di reale democrazia dove prioritari fossero i bisogni di noi tutti. Un esempio di buona politica, costruita dal basso  da chi vive i territori.
400 milioni di euro i soldi pubblici che sarebbero finiti nelle tasche di Ama, Acea e Colari, quando si sarebbero potuti utilizzare per migliorare la vita di tutti noi investendoli in servizi sociali, nella scuola, nei trasporti, nella sanità. Uno spreco di acqua che a raccontarlo oggi, in piena crisi idrica, sembra uno scherzo. Un attacco alla salute pubblica. Oggi lo ribadiamo: per fortuna che ci siamo stati.
Moltissimi furono gli appuntamenti pubblici, cortei, assemblee, luoghi di discussione collettiva.
Una battaglia che ha per il momento scongiurato la realizzazione dell’impianto ma che non è riuscita a mettere in discussione l’intera gestione dei rifiuti. La discarica di Roncigliano è ancora lì, nonostante i processi per traffico illegale di rifiuti che hanno colpito coloro che la gestivano, l’incendio del 30 giugno 2016. Oggi si paventa l’ipotesi di una sua riapertura.

Molta è la strada ancora da percorrere. La bonifica della discarica di Roncigliano, il miglioramento della raccolta differenziata con tracciabilità del rifiuto, il blocco del progetto di revamping sull’inceneritore di Colleferro, a 20km da qui, il ritiro di ogni autorizzazione per le centrali a biogas.
 E ancora, il blocco di ogni progetto speculativo per la salvaguardia del parco dei Castelli Romani.
Tanta strada ma forse si potrebbe ripartire e prendere esempio proprio da quel movimento popolare che ci ha permesso di tornare a decidere sulle nostre vite.

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Sabato 8 Luglio, in 6000 rifiutano gli inceneritori

Rifiutiamoli. Questo era scritto sullo striscione ad apertura del corteo a Colleferro. Sabato 8 LUGLIO siamo stati in tanti a Rifiutare un ulteriore aggressione alla nostra salute: riaprire gli inceneritori di Colleferro. Oggi questo intendono fare, Regione Lazio in primis. Asfissiare un territorio, Nessun passo invece si sta facendo nella redazione di un piano regionale dei rifiuti realmente basato su differenziata, riuso e riciclo.
L’otto Luglio per questo era importante che la manifestazione a Colleferro riuscisse.
L’otto Luglio E’ emersa in modo dirompente una voglia di decidere sulla propria salute mettendosi in gioco,in prima persona.
C’è voglia di ripensare un modello di sviluppo fallimentare di cui Colleferro ne è un paradigma. Un modello di sviluppo che ha lasciato come eredità soltanto veleni e disoccupazione.
Le 6000 persone di sabato però hanno dimostrato che una strada per rifiutarsi di accettare questa eredità c’è.

COME IL COMUNICATO DEL LANCIO DEL CORTEO RICORDAVA: “Non è l’ennesimo grido di disperazione, ma la rabbia di chi è disposto a tutto pur di invertire la rotta; è la rabbia di una valle che non resterà a guardare di fronte a scelte scellerate, un territorio che si è stancato di aspettare e vuole scegliere il proprio futuro”

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Ci vogliono ancora avvelenare con gli inceneritori

Apprendiamo con sgomento che la Regione Lazio, il Comune di Roma e il Governo hanno deciso di affrontare l’emergenza rifiuti di Roma scaricando sulla popolazione di Colleferro e delle zone limitrofe le conseguenze della loro incapacità e del loro asservimento a quegli interessi politici ed economici che da sempre gestiscono lo smaltimento dei rifiuti, facendo affari d’oro sulla pelle dei cittadini in barba a qualsiasi principio di precauzione ambientale.

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Karalò, il taglia e cuci ribelle

di Martina Di Pirro (da il manifesto)*

«Karalò» significa «sarto» nella lingua mandingo. Questo è il nome di una sartoria che è riuscita a trasformarsi in un centro di aggregazione e socialità per migranti e attivisti a Roma. Nata all’interno dello Sprar – Sistema per richiedenti asilo e rifugiati –, da dicembre 2015 Karalò è ospitata nello spazio di mutuo soccorso Communia in via Tiburtina [via dello Scalo S. Lorenzo ndr]. Il progetto è stato inizialmente finanziato dalla cooperativa Eta Beta all’interno dello Sprar Gerini ma, dopo l’incontro con Communia, si è distaccato dallo Sprar e, con l’aiuto di studenti e precari, è stata ristrutturata una stanza abbandonata. Oggi è un tripudio di colori, disegni, di idee in cui si svolge un esperimento di auto-valorizzazione e cooperazione unico nel paese del decreto Minniti-Orlando sull’immigrazione. L’alternativa è radicale: invece di spingere i richiedenti asilo al lavoro gratuito, si creano le condizioni per la loro auto-determinazione attraverso la produzione sartoriale e la trasmissione di saperi e competenze che in molti portano dai paesi di provenienza e trasmettono agli altri. Continua a leggere

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Qualche considerazione su quanto accaduto a Pomezia e l’attuale gestione dei rifiuti

Mercoledì 17 maggio la eco x di Pomezia ha nuovamente ripreso a bruciare. Lo stesso è successo ancora il 21 maggio, a oltre due settimane dal disastro. Senza sapere ancora quali siano i reali danni che ci troveremo ad affrontare e pagare, il cielo si è tinto nuovamente di nero. Per rimpalli burocratici e di competenze fra sindaco, vigili del fuoco e proprietario dell’Eco x, inoltre, non si hanno ancora notizie della bonifica…

Ma non è tutto, perché a distanza di quasi venti giorni dal terribile incendio che ha visto protagoniste sostanze pericolose di cui ancora non abbiamo un dettagliato elenco, tetto in amianto e , materiali plastici vari, non sono ancora stati forniti i dati dell’impatto che questi inquinanti hanno avuto e avranno su aria, terreno e su di noi.

I dati forniti dall’Arpa sono lacunosi, non chiari, non parlano di tutto il nostro territorio, ma solo della zona più vicina all’incendio. Nessuna notizia delle analisi sui terreni, sulle acque, sui cibi che mangiamo. Sembra come, stando a quanto ci dicono, che un quantitativo di diossina di 700 volte superiore alla norma sia scomparso misteriosamente… Eppure la molecola della diossina non è degradabile: permane nei terreni, nell’acqua… è necessaria una bonifica profonda dell’area, come fu per Seveso negli anni Settanta.

Quello di Pomezia è solo l’ultimo capitolo di una saga che sembra non avere fine e che ha come protagonisti i nostri territori, la nostra salute e lo smaltimento dei rifiuti.

Al di là di quello che pensano i “minchioni della ramazza”, quelli che, per capirci, si ritrovano la domenica mattina davanti le telecamere a pulire aiuole, il problema dei rifiuti non riguarda un giardinetto sporco e non ha nulla a che fare con il decoro. Ha a che fare invece con la loro gestione, che da sempre ha coinvolto le amministrazioni regionali e comunali senza distinzione di colore, l’incompetenza di queste, la sete di profitto di imprenditori nostrani, fino ad arrivare a mafia capitale.

Non lo ha fatto il PD ne la destra alla regione Lazio, non lo stanno facendo i 5 stelle al comune di Roma che ad una anno dal loro insediamento non hanno neanche tentato di mettere in discussione la gestione degli ultimi 30 anni, anzi. Proprio la conferma di molti personaggi negli uffici tecnici e le loro relazioni con gli imprenditori legati al biogas, racconta la volontà di questa giunta di porsi in totale continuità con chi l’ha preceduta.

Nonostante una raccolta differenziata partita, a fatica in molti comuni della provincia, la questione rifiuti riguarda essenzialmente Roma con le sue 2700 tonnellate di rifiuti indifferenziati giornalieri e la relativa situazione di emergenza che da anni è una quotidianità.

Con una importante accelerata dopo la costituzione della città metropolitana, la provincia tutta intorno a Roma è divenuta ancor di più territorio da aggredire.

Certamente Roma , con i suoi 6 milioni e passa di cittadini è un terreno elettorale troppo importante, meglio riempire di inceneritori, discariche, impianti a biogas, strutture dove smaltire rifiuti pericolosi, la provincia. Eccezioni da questo punto di vista sono i quartieri di malagrotta, con la sua discarica più grande d’Europa, rocca cencia e salario con gli impianti di tmb. Tutti quartieri periferici. Andrebbe chiesto a coloro che, in campidoglio e alla regione Lazio decidono delle sorti di chi vive la periferia e la provincia, se ritengono che le nostre vite valgono più dei profitti.

Gli stessi che Regalano soldi pubblici per lo smaltimento e il trattamento dei rifiuti a privati, e incrociano le dita nella speranza che disastri come quelli di Pomezia non riguardino le giunte che di volta in volta autorizzano.

Ma a volte incrociare le dita non basta e allora il problema emerge con tutta la sua prepotenza.

Rifiuti, cementificazione selvaggia, tagli ai servizi essenziali, insomma è sempre più necessario mettere in discussione l’attuale vivibilità dei nostri territori e ripensare uno sviluppo che guardi ai nostri bisogni.

Da questo punto di vista, centrale è la questione democratica. È necessario che su decisioni che hanno effetti su territorio e popolazioni, queste ultime abbiamo voce in capitolo.

Purtroppo la tendenza a cui assistiamo è quella esattamente opposta. Un esempio in questo senso è un atto di governo a cui la regione Lazio ha dato il beneplacito in conferenza Stato-Regioni, in merito alla revisione dell’iter che porta a dare le VIA (valutazioni di impatto ambientale). La revisione oltre ad accorciare i tempi, non permetterà più ai cittadini e loro tecnici di partecipare alle discussioni delle conferenze dei servizi.

Mentre gli spazi di discussione democratica, le possibilità di negoziazione diminuiscono, i politici nostrani si limitano alle passerelle. Così, se vengono nel territorio dei Castelli, non lo fanno per rispondere del loro operato negligente (se non colluso) rispetto alla gestione dei rifiuti. Non una parola in merito è stata pronunciata da Zingaretti, che ai Castelli è passato per una visita al nuovo ospedale. Dalla “parte della salute dei cittadini del Lazio”, scriveva una esponente del PD, non accorgendosi della faccia tosta che ci vuole per festeggiare la prossima inaugurazione di un ospedale (che taglierà i presidi sanitari locali, avrà… posti letto in meno, è situato in una zona poco raggiungibile dai mezzi pubblici e decentrata), senza pensare a quanto i cittadini della zona sono stati e continuano ad essere avvelenati e intossicati dalla mala gestione dei rifiuti della stessa amministrazione.

Nei vostri comuni qualche sindaco ha affisso un manifesto per informarvi del danno accaduto, dare consigli su come gestirlo, comunicarvi dati sulla qualità dell’aria che respirate? Qualche membro delle istituzioni ha convocato un’assemblea pubblica per parlarne?

Ancora una volta il tentativo è quello di calare dall’alto progetti spesso dannosi che solo l’intelligenza collettiva è spesso riuscita ad impedire e far si che gli interessi e le istanze di sviluppo di un territorio coincidano con i bisogni delle popolazioni.

Il primo passo per riappropriarsi del potere di decidere è ottenere che servizi essenziali, e tra questi la gestione dei rifiuti, siano tolti ai privati.

Ancora, gli strumenti di partecipazione devono far si che a decidere l’allocazione delle risorse, come vengono spesi i soldi siano coloro che in questo paese ci vivono . I soldi ci sono, il punto è come vengono spesi. Ad Albano denunciammo con forza l’impiego di 400 milioni di soldi pubblici per costruire l’inceneritore. Opera al momento bloccata grazie alla decennale mobilitazione del territorio castellano, ma immaginate se quei soldi fossero stati stanziati per la sanità , la tutela del patrimonio ambientale, i consultori, la cultura. Nessun privato avrebbe mai avuto interesse ad un’opera tanto costosa quanto inutile.

Vi segnaliamo un articolo di Salvatore Altiero sull’incendio alla Eco X di Pomezia!

https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05/17/pomezia-lincendio-alla-eco-x-e-lassicurazione-che-non-garantisce/3589063/

 

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Dalla fine dello stato sociale alla guerra ai migranti. La necessità di una lettura politica


Nelle ultime settimane abbiamo assistito ad uno spettacolo terribilmente violento giocato completamente sulle spalle dei migranti. Da Salvini, sempre più vigliacco, che ha passato una giornata intera presso il Cara di Mineo a deridere le migliaia di persone che lì vi abitano in condizioni disumane, al rastrellamento su base etnica alla stazione di Milano che ha come mandante politico il Pd dei Decreti Minniti/Orlando. Negli stesse giorni a Roma un lavoratore senegalese, venditore ambulante ed ultima pedina nel traffico di merce contraffatta, è morto dopo l’ennesima retata del nucleo speciale della Polizia Municipale, quello dei vigili urbani-sceriffi che nel nome dell’ideologia del decoro, in una città in cui languono lavoro, opportunità e servizi, compie azioni spettacolari utili solo alle prime pagine del Messaggero. Sempre a Roma, e sempre in nome della lotta al degrado, un esponente dei 5 Stelle ha chiesto alla Caritas di non distribuire più i pasti ai senza fissa dimora per non deturpare Colle Oppio, dimostrando così come i principi alla base del Decreto Minniti, la lotta ai poveri invece che alla povertà, siano largamente condivisi e diano sempre più spazio a letture apertamente razziste e classiste (la lista di questi deplorevoli fatti e delle vergognose dichiarazioni di politici di destra, di centro-sinistra e grillini purtroppo è molto più lunga e si aggiorna quotidianamente). Tutto questo con il sottofondo di una delle macchine del fango più vergognose che questo paese ricordi, quello contro le Organizzazione Umanitarie che negli ultimi anni hanno salvato migliaia di vite in mare nella rotta migratoria più pericolosa e letale al mondo, quella del Mediterraneo Centrale. Continua a leggere

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Pomezia: cronaca di un disastro annunciato ed evitabile!

Abbiamo atteso qualche giorno prima di scrivere un articolo sull’incendio che venerdì 5 maggio ha causato uno dei peggiori disastri ambientali sul nostro territorio. Troppa la rabbia rispetto a questa vicenda..

Non ci dilungheremo nel raccontare gli eventi. In molti in questi giorni lo hanno fatto. Quel che c’è da sapere è che un capannone con il tetto in amianto, contenente materiali usati negli imballaggi (carta, ferro, plastica), e rifiuti speciali e pericolosi, è bruciato.

Giovedì 11 il presidente dell’arpa Lazio, durante la conferenza stampa tenuta presso la procura di Velletri ha dato i dati relativi alle giornate del 5 e 6 maggio e che hanno interessato un raggio di 200 metri dal luogo dell’incendio. Continua a leggere

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